L’onda delle emozioni nel Coaching

31/05/2021 • Articoli


Le prospettive di Giovanna e Diego

Quando inizio a seguire un cliente in un percorso di Coaching mi viene sempre in mente la metafora del mare.

Mi tuffo nelle acque dove il coachee sta nuotando, scopro dove vuole approdare e come desidera nuotare. Mi adatto al suo stile e alla sua velocità, lo seguo e lo osservo mentre procede.

Ci sono persone che nuotano quasi senza prendere fiato, con fatica, altri non avanzano perché continuano a sbirciare il fondo, timorosi di essere catturati dai mostri del passato, altri si limitano a galleggiare, mentre altri ancora vanno spediti e vogliono solo perfezionare l’andatura.

Osservo come agisce il coachee, con quali parole si racconta, e come vive le sue emozioni. Le domande sono al passo con quanto accade e generate da ciò che ascolto, con lo scopo di stimolare la riflessione per avanzare verso i risultati desiderati. E se colgo nel linguaggio non verbale un cambiamento improvviso è possibile che sia giunta un’emozione che potrebbe essere funzionale o meno. Colgo il passaggio, chiedo al coachee se gli corrisponde quanto restituisco e gli lascio lo spazio per interpretare se lo desidera quella improvvisa variazione.

Ci sono emozioni che il coachee riconosce, ne dà una chiave di lettura e la nuova consapevolezza consente improvvisi insight. Capita anche che il coachee non voglia approfondire quello stato emotivo, perché tocca fondali che non desidera esplorare. Ho totale fiducia che il coachee sappia cosa gli serve e rispetto il suo volere. E so che l'aver colto quel passaggio genera nuove informazioni che, anche se non condivise apertamente, lavoreranno nella direzione che desidera.

Cerco di mantenere una sorta di neutralità empatica, neutra verso i contenuti, ma empatica verso la persona. Esploro l’emozione a livello sistemico e multisensoriale, per fare riconoscere, accogliere e usare quanto utile al coachee, che coglie i segnali a livello fisico, ascolta la voce della sua emozione, coglie il valore di quel messaggio e decide come usarlo.

L’esplorazione tocca tutte le dimensioni dell’essere e dell’agire, per affiancare il coachee a scoprire qualcosa di nuovo su di sé. Chi è la persona che seguo? Qual è il suo scopo? Cosa vuole ottenere? Quali valori rappresenta il suo obiettivo, quale è il suo stile cognitivo, quali risorse usa e quali potrebbe usare, e cosa ne vuole fare di quanto emerge nella sessione? Le emozioni sono le onde che accompagnano il viaggio, a volte sono leggere, altre volte sommergono il coachee, sono vitali per arrivare sulla riva, il coach ne coglie la portata, attento a non farsene travolgere.

Giovanna Giuffredi

 

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Per me il coaching rappresenta il naturale proseguimento, con la possibilità di aumentarne l’efficacia, dei percorsi di apprendimento e di crescita che da sempre ho messo al centro dell’attività formativa.

Ogni percorso di apprendimento è infatti un percorso di crescita, un susseguirsi di esperienze, e talvolta di sfide, atte a fronteggiare un limite. Intendendo per limite una soglia che, nel qui ed ora, rappresenta il confine tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo, tra ciò che siamo in grado di agire e quello che ci blocca, tra il mondo della consapevolezza e quello della inconsapevolezza. Il coaching è un processo capace di liberare potenzialità inespresse e quindi in grado di massimizzare il potenziale delle persone che decidono di affrontare questo percorso.

È compito del coach aiutare il cliente a spingersi là dove non immagina di poter andare, superando la naturale resistenza al cambiamento attraverso una ristrutturazione della percezione del limite. È un percorso di consapevolezza e responsabilizzazione. Attraverso l’ascolto attento, le domande e il dialogo maieutico, un coach preparato riesce a entrare in sintonia con il suo coachee, facilitando l’inizio del processo di cambiamento. Ma di fronte al cambiamento scopriamo che a volte le parole non bastano, bisogna riuscire a far emergere qualcosa di più profondo, di meno manifesto: le emozioni che, come in un fiume carsico, prima di riaffiorare alla luce del sole scorrono in profondità.

Un aiuto in questa direzione ci è dato dallo studio e dalla conoscenza della natura delle emozioni. L’emozione usa il corpo come teatro e un coach preparato può aiutare a sentire e a dar voce a questa ai segnali di questa rappresentazione, perché nulla meglio delle emozioni è capace di generare il processo di cambiamento. Chiaramente tutto questo diviene percorribile solo accettando di partire dalla consapevolezza del proprio mondo emotivo, elemento a nostro avviso imprescindibile nelle competenze e nella visione etica di un coach.

Diego Ingrassia

 

Autori: Giovanna Giuffredi, MCC - Diego Ingrassia, MCC

Relatori alla Masterclass “Consapevolezza emotiva del coach” – 06/05

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